
Solitamente viene data una connotazione negativa sia alla rabbia che alla paura in quanto risultano poco desiderabili. Infatti, quando sentiamo rabbia o abbiamo di fronte a noi una persona arrabbiata ci sentiamo a disagio, ci sentiamo in difetto, ci sentiamo in dovere di comportarci in maniera socialmente accettabile. Ad esempio, ad un bar, quanti si girano spaventati o meravigliati di fronte ad una persona che alza la voce ad un suo compagno, oppure quanto veniamo derisi se esprimiamo una nostra paura. Entrambe le situazioni mostrano quanto il contesto sociale influenza il nostro modo di interpretare la rabbia e la paura come qualcosa di avverso e vile. In questo modo, col tempo, iniziamo a pensare che esse siano in toto negative, non solo la loro manifestazione ma anche semplicemente la loro insorgenza, e questo ci porta ad evitarla fino a reprimerla. Discutibile può essere la modalità di espressione ma mai potrà essere discutibile la motivazione per la quale è sopraggiunta quell’emozione, che sia rabbia, paura oppure gioia, tristezza e così via. Questo perché ogni emozione ha da dirci qualcosa e si tratta sempre di qualcosa di importante per la nostra sopravvivenza e per il nostro benessere psicofisico.
La rabbia ci può dire anche che abbiamo paura.
Come detto precedentemente, la rabbia è quella manifestazione grazie alla quale l’uomo rivendica un torto subito. Spesso e volentieri il torto in questione rappresenta quello che temiamo di più, quello di cui abbiamo paura, la propria impotenza. La classica paura di non farcela porta il soggetto in una situazione ambigua, difficile da gestire poiché sovraccaricata di dubbi, di non risposte alle quali, tramite un attacco di rabbia cerchiamo di rivendicare le nostre capacità, alziamo la voce proprio per “soffocare” la voce antitetica che ci sta mettendo in crisi su chi siamo, di cosa siamo capaci e come agiamo di conseguenza. La paura è quindi, l’insicurezza che abbiamo sul piano della nostra autostima e siamo soggetti a delusioni che cerchiamo di ripristinare attraverso una manifestazione di rabbia.
E qui ci ricongiungiamo con la tematica centrale del testo che abbiamo accennato all’inizio, ovvero quanto rabbia e paura siano vicine, quanto esse si alimentano a vicenda senza che ne accorgiamo.
Mi arrabbio perché ho paura di perdere.
Pensiamo ad uno scenario, al lavoro capita molto spesso che un datore di litiga con un dipendente. Continui litigi, aggressioni, l’uno non è soddisfatto dell’altro, eppure entrambi si stimano a vicenda. Cosa sottende allora questa rabbia? Molto probabilmente il capo, chiamiamolo così, ha paura di perdere il suo ruolo, poiché il suo dipendente non gli da risposte che si aspetta. Inizia a pensare di non essere un buon capo. Di fronte a questa divergenza, sopraggiunge la rabbia, si arrabbia per rivendicare il suo ruolo che viene danneggiato dal dipendente. Si arrabbia poiché sotto sotto sa di non avere quel potere, quel controllo su di esso in quanto i suoi comportamenti non rispecchiano le sue aspettative. Si arrabbia poiché il dipendente rappresenta le sue paure e insicurezze: essere impotente.
L’impotenza per l’uomo è una minaccia e un pericolo per la sua integrità. Noi infatti quando abbiamo paura? Abbiamo paura di fronte ad un pericolo. Essere consapevoli di ciò ci fa venire dubbi su chi siamo e di cosa siamo capaci e di cosa no. E come dice Paul Mehis “la condizione più straziante per l’animo umano non è il dolore; è il dubbio!”
Di seguito due tipi di dubbi che rappresentano scenari nei quali possono sopraggiungere attacchi violenti di rabbia per rivendicare la propria posizione sia all’interno di un contesto sociale sia all’interno di una relazione.
Dubbi di impotenza sociale
Esso fa riferimento al rapporto angoscioso che l’uomo ha con se stesso. Le sue insicurezze pongono il soggetto in una situazione di disagio, di ridicolaggine in un contesto sociale. Esso è privo di autorevolezza e passivamente vive la spietatezza di ciò che lo circonda lasciandolo privo di speranza. Insomma, la sua vita è un eccesso di paure su paure e si sente indegno di essere parte di un qualunque contesto di riferimento.
Dubbi di precarietà relazionale
Esso fa riferimento al rapporto angoscioso che l’individuo ha nei confronti delle relazioni che ha in atto. Le sue insicurezze pongono il soggetto in una posizione di inutilità all’interno di una relazione, egli pensa di essere deficitario e insopportabile tanto da manifestare intensa gelosia per la partner. Ogni persona che le si avvicina può essere motivo di abbandono in quanto, sicuramente sono più utili e migliori di lui. Da qui il rischio di essere umiliato, attacchi violenti di rabbia cercano in questo modo di rivendicare un ruolo esistente in minima parte ma utopicamente desiderato e bramato.
È proprio vero che se mi arrabbio con qualcuno mi sto arrabbiando con me stesso?
Ebbene si, fino ad ora abbiamo ampliamente discusso quanto la rabbia possa essere una manifestazione di paura e di cosa l’uomo ha più paura, la sua integrità. I conflitti che abbiamo con qualcuno rispecchiano i nostri conflitti interni. In altre parole, di fronte ad uno stato intenso di grande rabbia, è bene che rivolgiamo l’attenzione su noi stessi tramite alcune semplici domande:
- Qual è il bisogno dietro la rabbia che proviamo?
Qual è l’evento/persona/cosa scatenante la rabbia?
- Quale nostro bisogno è rimasto insoddisfatto?
Come mai quell’evento/persona/cosa scatena la mia rabbia, in che modo è connesso a me?
- Quale antica paura ci suscita quella persona?
è già successo che quel tipo di evento/persona/cosa mi abbia scatenato la rabbia? Quali sono le caratteristiche comuni?
- Cosa ci stiamo aspettando dagli altri?
Il nostro stato d’animo riflette e dipende dalle azioni altrui. Una persona attua un comportamento e noi reagiamo ad esso. Le azioni altrui non sono sotto il nostro controllo e siamo, quindi dipendenti da esso. Il bisogno che abbiamo di attaccare l’altro è di difenderci da questo non controllo e lo rivendichiamo, ma si tratta di una pura illusone. Quindi non sono arrabbiato con quella persona perchè si è comportata in quel modo, bensì mi arrabbio perché ho timore di non avere controllo sulle sue azioni in quanto le mie aspettative sono altre. La domanda da porci è come mai la mia reazione al suo comportamento è di intensa rabbia?
Non esistono risposte giuste o sbagliate, semplicemente risposte. In questo modo abbiamo dato spazio alle nostre emozioni, le abbiamo sentite, decodificate e soprattutto le abbiamo dato significato e valore, abbiamo accennato più volte quanto una non risposta, un dubbio può essere frustrante per l’uomo. Cerchiamo quindi queste risposte ai dubbi su noi stessi e non sugli altri.
Diamoci questo privilegio!
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